Buona parte del territorio su cui oggi sorge Cesenatico, in epoca romana, era coperta dal mare. Esisteva però un piccolo insediamento umano di cui sono state trovate tracce rilevanti che oggi vengono custodite nell’Antiquarium Comunale, il Museo archeologico cittadino.
La Cesenatico attuale venne fondata nel medioevo come “Porto di Cesena”: i lavori di costruzione iniziarono il 9 settembre del 1303 e arrivarono velocemente a compimento con l’edificazione di un castello a guardia del porto. Le Signorie confinanti però si allarmarono per la comparsa di un porto fortificato e in breve tempo conquistarono il castello e fecero interrare il porto.
Dagli Annali Cesenati si apprende che il lavoro di sterro venne compiuto in due mesi, nel 1314, così che il porto, in seguito, venne nuovamente riaperto, ma a dire il vero solo per breve tempo.
Da questo momento si susseguirono anni in cui attacchi, distruzioni e successive ricostruzioni furono all’ordine del giorno fino al 1500. In quell’anno, Cesenatico fu occupata da Cesare Borgia che, nel marzo del 1501, vi accolse con grandi onori Caterina, ex regina d’Ungheria.
Fu quello sotto la dominazione dei Borgia un periodo molto interessante per il nostro portocanale e il culmine si ebbe nel settembre del 1502 quando Leonardo Da Vinci, “architecto et ingegnere generale” del Valentino, di ritorno da Le Havre, per incarico del Borgia stesso studiò le strutture del porto di Cesenatico. Dopo averne eseguita un’attenta ricognizione, disegnò una serie di migliorie e varianti che, successivamente adottate, fecero di Cesenatico un rifugio sicuro anche sotto il profilo strategico militare.
Crollato il dominio dei Borgia la città passò, per un breve periodo, sotto il dominio dei Veneziani, quindi alla Santa Sede e per oltre tre secoli non ebbe avvenimenti di rilievo.
Poi ci fu “l’impatto con Garibaldi” e per Cesenatico fu un incontro sconvolgente, tutt’altro che caloroso. Detto questo però, nel giro di pochi anni, il mito di Garibaldi assunse per la città una grande importanza e un avvenimento quasi casuale, di brevissima durata, riuscì a inserire il sonnolento borgo di pescatori nel corso della storia.
Poi, nel 1860, undici anni dopo il drammatico imbarco di Garibaldi a Cesenatico, la città passò a far parte del Regno d’Italia.
Ora, arriviamo a tempi molto più recenti quando, con il riconoscimento da parte della scienza medica dell’utilità terapeutica dell’aria marina e dei bagni con acqua salata, e con la fine delle incursioni dei temibili pirati barbareschi sulle spiagge, a Cesenatico cominciò a svilupparsi il turismo.
Nel 1878 venne inaugurato il primo stabilimento balneare. Costruito interamente in legno, dotato di camerini, di una piattaforma sull’acqua con servizio bar e ristorante e di una zona di spiaggia e di mare dove fare il bagno, era rigorosamente diviso in due con paratie e funi: gli uomini da un lato e le donne dall’altro.
Nel 1897 fu istituito il primo servizio di salvataggio della Riviera, garantito da “due esperti battellieri, robusti e provetti nel nuoto”.
Il passo decisivo verso la vocazione definitiva di località balneare si compì però nel 1903, quando il Comune pianificò la lottizzazione della zona alla destra del porto destinandola alla costruzione dei “villini” per la residenza di turisti. In pochi decenni nacque e si sviluppò l’industria turistica: vennero costruiti i primi alberghi e le prime colonie, aprirono nuove attività commerciali e di svago, si organizzarono eventi ed iniziative di intrattenimento.
Alla vigilia del secondo conflitto mondiale, Cesenatico poteva così affermarsi come località turistica della Riviera Romagnola, al pari della capostipite Rimini e di Riccione. Il vero boom però iniziò nell’ultimo dopoguerra col progressivo assurgere del turismo a fenomeno di massa.
La tranquilla e suggestiva cittadina di pescatori offriva non solo i sette chilometri di litorale ricchi di sabbia finissima e di stabilimenti balneari attrezzati, ma soprattutto, l’eccellente cucina, la familiarità, l’ospitalità e la buona qualità delle strutture alberghiere. Lo scoprire e l’apprezzare queste straordinarie prerogative da parte dei primi villeggianti, contribuì ad attirare sulla riviera cesenaticense, intorno agli anni sessanta, un consistente numero di turisti italiani e stranieri.
Arrivarono gli inizi degli anni 50 e Primo Grassi, l’allora presidente dell’Azienda di Soggiorno, inventò il turismo moderno.
Gettando le basi per lo sviluppo nel trentennio a venire, sostenne il suo progetto con una tale quantità di idee che per i giornalisti che arrivavano a Cesenatico da tutta Europa, era sufficiente guardarsi intorno per trovare immagini da immortalare, particolari su cui soffermarsi, scrivere e… riflettere.
Gli inviati descrivevano una cittadina in piena e fervida ricostruzione, tutta impegnata a cancellare i disastri provocati dalla guerra, a guarire le profonde ferite subite nei combattimenti: si facevano sparire le macerie e il sole, il mare e la spiaggia tornavano ad essere fonte di lavoro e di reddito.
Si raccontava della vita che ritornava in riviera, della voglia di bagni e di divertimento, si scriveva del ”vecchio” cuore del paese, dei pescatori e delle barche, di dove viveva Marino Moretti, di lui come uomo testimone e acuto critico di una realtà vera e radicata nella storia, nella memoria, nella letteratura e nella cultura.
Così era del tutto naturale ritrovarsi nelle notti estive nella scuola dei giovani poeti che era nata sul Porto.
A Cesenatico si stabilì una sorta di comunità “culturale” delle vacanze che spontaneamente si ritrovava e creava una corrente creativa di idee e di progetti, concorrendo a promuovere il gusto e la cultura: per lo spettacolo Dario Fo e Franca Rame, Lina Volonghi e Carlo Cataneo, Tinin Mantegazza e la moglie Velia, Gino Bramieri, Walter Chiari e Paolo Ferrari, giornalisti come Pier Maria Paoletti, Alfonso Madeo e Marco Mascardi, Giorgio Ghezzi per lo sport, il conte cesenate Rognoni che celebrava le virtù della Romagna. All’Azienda di Soggiorno tutti erano di casa, accolti e accuditi dal chi dedicava la vita alla città e alla sua immagine.
Poi l’arte: non mancavano mai nella sale dell’Azienda mostre d’arte: di casa era l’incisore veneto Tono Zancanaro.
Primo Grassi credeva fermamente che la ”mano pubblica” dovesse creare e gestire i servizi strategici rendendoli anche modello per i privati: ecco allora che arrivò il Campeggio, grande, arioso, immerso nel verde e attrezzato, situato proprio alle porte della città (perfetto per accattivare un turismo che oggi chiameremmo low cost e che in Romagna ha da sempre avuto folte schiere di estimatori), poi il Bagno Marconi sulla spiaggia, progettato da un noto architetto (Saul Bravetti), moderno e caratterizzato da ombrelloni radi e da file distanti, arioso ed accogliente, e ancora la valorizzazione delle Colonie, fra cui quella costruita su disegno di Vaccaro.
Come non citare poi la creazione del primo Delfinario della riviera, forse primo anche in Italia, locato in quel tratto della Vena Mazzarini che verrà poi ribattezzato Acquario.
Ancora … l’Azienda si occupava delle Regate Veliche, dei Campi da Tennis, della sistemazione dei villeggianti e delle Manifestazione Artistiche.
Anche la cura del Parco di Pioppi, salvato dalla lì destinata discarica, ebbe una grande importanza sulla rivalutazione dell’ambiente e della natura.
Sul piano urbanistico si improntò una risistemazione radicale delle maggiori arterie cittadine che vennero asfaltate, mentre faceva notizia la grande strada fra Cesenatico e Gatteo Mare, primo tratto della progettata litoranea che sarebbe poi arrivata fino a Cattolica.
Infine la ristrutturazione del Centro Storico, del Porto Canale Leonardesco, il recupero delle Conserve.
E di tutto ciò si parlava e si scriveva, tutto veniva immortalato e ripreso.
Un articolo della stampa di quegli anni, del “Giorno”, per mano del noto giornalista Pier Maria Poletti, scrive che a “Cesenatico le stanze si chiamano ancora Camere e non Zimmer”: significativa questa osservazione!
Cesenatico non si piegava alle regole dei Tour Opeator, a differenza delle vicine Rimini e Riccione che imponevano l’apertura incondizionata verso il turismo di massa proveniente dall’estero. Cesenatico conservava “l’aria di famiglia”, romagnola.
Lo stesso giornalista prosegue: “Siamo sulla spiaggia che vanta il maggior numero di famiglie … “Made in Italy”.
Era confortante “girare” per le strade della città e, chiedendo un’informazione, non sentirsi rispondere “nix capire”: se a Cesenatico sembrava di fare le vacanze, in Italia era stata l’accorta politica della locale Azienda di Soggiorno che non si era abbandonata all’invitante boom di turismo straniero, inizialmente soprattutto tedesco.
Cesenatico ebbe due grandi punti di forza in quegli anni di veloci e spesso non pianificati cambiamenti sociali, economici e di conseguenza urbanistici, che ebbero vita lungo tutta la riviera romagnola: l’attività della pesca forte e radicata, orgogliosa e insita nel dna dei marinai e una minor presenza di capitali milanesi o bolognesi che altrove accelerarono lo sviluppo turistico e cancellarono i segni della tradizione.
A Cesenatico non arrivò il cemento brutalmente sostituito al verde e agli spazi aperti: qui le ville liberty continuarono a respirare!
Tornando all’accoglienza, “stratagemmi” per questa grande macchina di promozione furono anche piccoli accorgimenti. È entrato negli annali il banchetto offerto dall’Azienda di Soggiorno ai componenti della colonia svizzera il giorno della loro festa nazionale: rinnovando la tradizione del “focone”, al centro della piazza, si diede alle fiamme una pira enorme di legna verde e di arbusti secchi.
Gli svizzeri furono entusiasti a tal punto che, solo qualche settimana dopo, erano raddoppiati: scrivendo ad amici e parenti raccontarono loro che a Cesenatico si stava quasi meglio che a casa.
La verità è che Cesenatico aveva capito la psicologia del turista: grazie a una attenta collaborazione fra l’Ente del Turismo, gli Albergatori, i Ristoratori e l’Azienda di Soggiorno gli ospiti rimpiangevano permanenze più lunghe e… era necessario un viaggio di ritorno.